….rubami…

Ti vorrei poi di parole riempire, come carezze umide a scenderti la schiena e poi baciarti fino a che labbra abbiano sete.

Così distanti certi orizzonti che paiono infiniti sono poi abbracciati in linee parallele di un colore puro che pare un fiore ancora chiuso.

Ti vorrei poi del tempo rubare per farti notte e mattina l’ora del venire prima di poter abitare, che ancora non so chi sei….eppure lo so bene chi sei.

Vivo di quel permeare la dolcezza mista di rabbia cruda che scivola la carne umida, per tutto ciò che ancora non conosco eppure bramo la meraviglia.

Se mi aspettassi la fine prima di un pallido inizio, sarei falsa Ancor prima  che il vero sia provato…

Che è un bisogno così intenso che di elettricità illumina pure il cielo…

….se mi prendessi, ci annego.

…un filo d’erba

…il pensiero carezzevole di un passato prossimo testimone di faccende superflue, la mente.

Assorbo come spugna inevitabili tormenti da distanze fisiche, che non si è mai troppo lontani. Pioggia copiosa lava prati verdi…. scivolo nel bosco ridendo di poco meno. Lascio andare il nodo in mezzo alle scapole e mi affido alla dolcezza inconsapevole di un autentico sentire.

Non è andando via che lasci indietro le cose, non basta chiudere la porta per non sentire rumore…

Aspetto seduta con un filo d’erba tra i denti, ascolto i suoni e trovo il senso di questo tempo.

…appena poco sotto.

Ci vuole davvero così poco a tirarsi giù…. giù e ancora un po’ più giù…. Quasi che le rocce a rotolare nella valle che a fermarle solo il peso del ritorno..

Di quelle unghie che nello smalto trovavano la strada e il risvolto, dei tuoi tanti no e dei resti sui bordi di tazze immacolate prima che il fondo di caffè racconti trame di destini affini.

Di liquirizia e menta fredda, fiati e lingua tra i denti. Abbiamo dei baci imparato lo scontro, a suon di labbra  e di dita. non voglio guardarti gli occhi quando sento il peso dei miei anni e la fatica dei tuoi affanni….

 

Ma non posso raccontare la storia dimenticando le parti e mescolando le genti… tu che di fiabe te ne intendi e io che di visioni mi nutro…

Camminami a fianco e non farmi cadere, che poi la neve mi tira ancora più giù… giù…giù… da non trovarmi più….

..istantanee

Non so se ho scelto o semplicemente ho fatto. Ci sono differenze nelle tue mani che si ritraggono nel freddo.

Dall’oggi al domani come il nulla nel sereno di un cielo che è divenuto nero e la pece è niente al suo confronto. Parlami ti chiedo, ma è silenzio il tuo mostrare e io che non me ne so andare per paura di perdere la fame.

Ogni scusa è Terra o Cielo, ogni rimpianto è magia d’incontro, se ce ne fosse lasciato il bisogno.  Del cioccolato e labbra schiuse, giochi che non sappiamo più contare, solo regole paletti e nenie.

 

…eppure ti ascolto la Fine tra le tue braccia attorno e io a farmi più vicina, solo un attimo più vicina.. in qualche modo: Resta.

….la rete.

E quando è assente il segnale c’è calma piatta. Il rifiuto di un sentire e la fuga oltre il male.
Tengo da parte i ricordi fragili da guardare nei periodi di grassa.

Dei tuoi occhi che è fuoco il mio cuore ne accelera il ritmo, vorrei le mani, le labbra e tutta la stanza.

Non so tirare il freno quando scendo la collina: sento il vento sulla faccia e i capelli negli occhi. Prendimi oltre la barricata e non dire niente….

….prendimi…

Come quando in controluce osservi particolari che di piatto non vedresti, come quando ti confidano un segreto che avevi già sentito…

Tra le forme si nascondono morbidi approdi, che tu sia bimbo o amante, che tu sia naufrago o baita di monte.

Alle volte la notte mi sveglio mentre racconto storie, di cui vedo il fine ma non ne trovo il nesso, chiedendomi da che siano partite.  I tuoi occhi che non possono mentire mentre i miei son già andati altrove.

 

….ogni fuga ha una traccia da seguire, perché nessuno è immune al fascino dello svanire.